Terapia CAR-T anti-CD19 nella sclerosi sistemica diffusa


Da uno studio è emerso che la terapia con cellule CAR T dirette verso l’antigene CD19 appare modificare in modo sensibile l'attività di malattia nella sclerosi sistemica ( SSc ) e previene l'ulteriore progressione della malattia fibrotica, consentendo di ridurre e interrompere tutti i trattamenti immunosoppressivi e antifibrotici.

La sclerosi sistemica è una malattia autoimmune fibrotica con la più alta mortalità tra le patologie reumatiche immunomediate. Le principali cause di morte e morbilità sono la fibrosi polmonare e miocardica, oltre alla crisi renale sclerodermica. Altri sintomi, come la fibrosi cutanea e le ulcere vascolari, riducono significativamente la qualità di vita e la capacità lavorativa.

I trattamenti attuali con farmaci antifibrotici e immunosoppressori rallentano la progressione della malattia, ma non sono sempre efficaci.

Alcuni studi hanno suggerito che la deplezione delle cellule B potrebbe avere effetti antifibrotici, come dimostrato dall’impiego del farmaco Rituximab, un anticorpo anti-CD20, che ha prodotto miglioramenti cutanei e un rallentamento del declino della funzione polmonare, sebbene senza un chiaro vantaggio rispetto alla Ciclofosfamide. Inoltre, il trapianto autologo di cellule staminali è in grado di migliorare la sopravvivenza nei casi gravi, ma è associato a tossicità significativa.

Una nuova terapia promettente è rappresenta dal trattamento con cellule CAR-T dirette contro CD19, che ha già mostrato effetti positivi in pazienti con lupus e miosite.

Uno studio ha valutato l’impatto delle CAR-T CD19 su organi e pelle nei pazienti con sclerosi sistemica.

Sei pazienti affetti da sclerosi sistemica diffusa grave con una risposta insufficiente ad almeno due precedenti trattamenti sono stati reclutati consecutivamente presso l'Ospedale di Erlangen in Germania, per essere sottoposti a un trattamento con cellule CAR T anti-CD19 ( 1 × 10-6 cellule CAR T per kg di peso corporeo ).

Gli eventi sono stati predefiniti dalla progressione della malattia polmonare interstiziale, dall'insorgenza di insufficienza cardiaca congestizia, dall'insorgenza di insufficienza renale, dall'insorgenza di ipertensione arteriosa o dall'inizio di una nuova terapia immunosoppressiva o antifibrotica.

L'endpoint primario dello studio era rappresentato dal tempo libero da eventi o l'intensificazione del trattamento dopo l'arruolamento.
Tra i principali endpoint secondari vi erano: i cambiamenti nel punteggio mRSS ( modified Rodnan Skin Score ), la diagnostica per immagini ( valutazione della fibrosi polmonare ), le valutazioni di laboratorio, i risultati riferiti dai pazienti e una versione modificata dell'American College of Rheumatology Composite Response Index in Systemic Sclerosis ( ACR-CRISS ), valutati al basale, a 3 mesi, 6 mesi, 9 mesi e 12 mesi.

Nel periodo 2022-2023, 6 pazienti con sclerosi sistemica diffusa grave ( età mediana 42 anni [IQR 36–53]; 4 uomini e 2 donne; tutti caucasici ) sono stati sottoposti a trattamento con cellule CAR T dirette contro CD19. Il tempo di follow-up mediano è stato di 487 giorni ( IQR: 342–585 ).

Non si sono verificati eventi durante il periodo di osservazione.

Dall’analisi dei dati è emerso che la probabilità di miglioramento del punteggio ACR-CRISS era aumentata fino a una mediana del 100% (IQR: 100–100) a 6 mesi.
Il punteggio mRSS mediano è diminuito del 31% (IQR: 29–38), corrispondente a una riduzione mediana di 8 punti (IQR: 7–13) entro 100 giorni.

L'estensione della malattia alla tomografia computerizzata è diminuita di una mediana del 4% ( IQR: 3–4 ) grazie alla riduzione delle opacità a vetro smerigliato, mentre il pattern reticolare è rimasto stabile. Infine, la capacità vitale forzata è migliorata di una mediana di 195 mL (IQR: 18–275) in corrispondenza con l’ultimo timepoint previsto nello studio.

In conclusione, il trattamento con cellule CAR-T anti-CD19 sembra essere un potente strumento per inibire l'attivazione dei fibroblasti guidata dal sistema immunitario, in quanto elimina le cellule B dallo stato iniziale di pro-cellula B fino ai plasmablasti produttori di anticorpi. I nuovi linfociti B emergenti dopo il trattamento con cellule CAR-T dirette contro CD19 sono principalmente linfociti B naive. Il ripristino dell'omeostasi immunitaria potrebbe influenzare il decorso della malattia nella sclerosi sistemica. Tuttavia, sarà necessario un follow-up a lungo termine per chiarire la sostenibilità del trattamento con cellule CAR-T anti-CD19 nei pazienti con sclerosi sistemica, per escludere fattori patogenetici intrinseci che potrebbero contribuire all'attivazione dei fibroblasti indipendentemente dall'autoimmunità. ( Xagena_2025 )

Fonte: Lancet Rheumatology, 2025

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