Relazione tra carne rossa e carne rossa lavorata e rischio di cancro


L'International Agency for Research on Cancer ( IARC ) di Lione, un'Agenzia dell'Organizzazione mondiale della sanità ( OMS ) che valuta e classifica le prove di cancerogenicità delle sostanze, ha definito la carne rossa come probabilmente cancerogena ( classe 2A della classificazione dello IARC ) e la carne rossa lavorata ( insaccati e salumi ) come sicuramente cancerogena ( classe 1 della classificazione dello IARC ).

Dal punto di vista biochimico, tutte le proteine che costituiscono gli organismi viventi sono costruite nello stesso modo dall'assemblaggio di 20 mattoncini, gli aminoacidi, uguali in tutte le specie, sia animali sia vegetali.

Il problema associato alle proteine animali risiede nel modo con cui interagiscono col nostro organismo. La maggior parte di esse provengono dalla carne, e in particolare dalle carni rosse: manzo, maiale, agnello e capretto.
Il colore rosso è dato dalla presenza nei tessuti di due proteine, strettamente imparentate fra loro: l'emoglobina e la mioglobina. Entrambe contengono una molecola, detta gruppo eme, con al centro un atomo di ferro.
Il gruppo eme è la trappola molecolare per catturare le molecole di ossigeno, essenziali per la produzione di energia. Per questo ne vengono immagazzinate grandi quantità nei muscoli, e per questo la carne rossa è rossa.

Diversi studi hanno indicato che il gruppo eme stimola, a livello dell'intestino, la produzione di alcune sostanze cancerogene e induce infiammazione delle pareti intestinali.
Una infiammazione prolungata nel tempo dovuta a massiccia ingestione di carne rossa aumenta le probabilità di sviluppare tumori al colon-retto, che nei Paesi industrializzati, dove il consumo di carni rosse è molto diffuso, è il terzo tumore più frequente e la terza causa di morte per malattie oncologiche.

Le carni rosse, inoltre, possono essere lavorate mediante essicazione, salatura o affumicatura, e conservate con additivi come nitrati, nitriti e idrocarburi policiclici aromatici.
Negli studi epidemiologici in generale si distingue il consumo di carne fresca da quello di salumi e insaccati, proprio per via della diversa composizione.

La decisione dell'IARC è stata presa dopo una attenta revisione degli studi disponibili in merito, ma non significa che i salumi siano più pericolosi della carne rossa fresca.
La classificazione di cancerogenicità non è una classificazione di rischio ma una misura della sicurezza con cui gli Esperti si esprimono sulla cancerogenicità di un prodotto.
In pratica ci dice solo che gli studi su salumi e insaccati hanno una qualità e un'ampiezza tale da dire con sicurezza che i salumi possono aumentare il rischio di ammalarsi, mentre che gli studi sulle carni rossi sono statisticamente meno forti e quindi permettono solo di dire che probabilmente l'associazione esiste.

Riguardo alle carni bianche ( pollame e coniglio ), gli Esperti affermano solo che non esistono studi sufficientemente attendibili e che quindi non possono pronunciarsi né in un senso né nell'altro, anche se la conoscenza dei meccanismi molecolari che rendono la carne rossa potenzialmente cancerogena ( la presenza del ferro eme ) permette di dire che le carni bianche ( che ne contengono, in generale, in piccolissima quantità ) sono probabilmente più sicure.

Su altri meccanismi studiati dallo IARC, come la modificazione della microflora intestinale ( cioè dei batteri che hanno effetto protettivo sulle sostanze mutagene ) non si può, al momento, fare una distinzione tra un tipo di proteina animale e l'altro, perché nessuno ha fatto studi ad hoc.
La classificazione dello IARC, inoltre, non dice nulla sulla potenza di una sostanza nel provocare tumori.

Secondo gli Esperti il 18-21% dei tumori al colon è probabilmente legato al consumo di carni rosse e insaccati, e così il 3% di tutti i tumori.
Una analisi condotta nel 2011 dal World Cancer Research Fund ha stimato che un consumo elevato di carni rosse lavorate aumenta del 17% il rischio individuale di ammalarsi di cancro del colon. Si tratta però del cosiddetto rischio relativo, che va cioè rapportato al rischio reale ( rischio assoluto ) del singolo individuo.
Ad esempio: se una persona non ha familiarità per il cancro al colon e per il cancro in generale, ha abitudini di vita salutari ( non fuma, fa esercizio fisico ) ma è consumatrice frequente di salumi, accrescerà il suo rischio di ammalarsi del 17%, ma il suo rischio resterà comunque molto basso per tutte le ragioni esposte. Il 17% di un numero piccolo è un numero ancora più piccolo, e quindi in termini assoluti quella persona non avrà modificato di molto il proprio rischio di ammalarsi di cancro al colon.
Viceversa una persona che ha una malattia infiammatoria dell'intestino o una elevata familiarità per cancro del colon ( due condizioni che accrescono di molto il rischio individuale ), mangiando insaccati senza limiti accrescerà il proprio rischio del 17%, ma in termini assoluti quella percentuale è più grande di quella della persona che non è, di partenza, ad alto rischio.

Le indicazioni dello IARC vanno quindi considerate in chiave di salute pubblica ( cioè su tutta la popolazione ) più che dal punto di vista del singolo.
Per tradurle in indicazioni individuali, è bene valutare insieme a un medico il proprio rischio di ammalarsi che dipende anche da altri fattori, come appunto la familiarità e l'insieme degli stili di vita.
Può darsi che per qualcuno sia opportuno ridurre o eliminare del tutto la carne rossa mentre per la maggior parte delle persone basta consumarne con moderazione.

Nel 2013 sono stati pubblicati i risultati di uno studio di ampio respiro: il Progetto EPIC ( European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition ), promosso dall'Unione europea, dallo IARC e cofinanziato anche da AIRC.
Condotto su oltre mezzo milione di partecipanti provenienti da tutta Europa, lo studio ha confermato una associazione positiva tra consumo di carni lavorate e morti premature per malattie cardiovascolari e per cancro, soprattutto al colon-retto e al seno.
Lo studio EPIC ha però anche dimostrato, di contro, che un consumo di piccole quantità di carne rossa ha effetti benefici per la salute, fornendo importanti vitamine e nutrienti specifici.
L'effetto mutageno della carne rossa fresca è attribuito alla presenza del ferro eme ( un potente ossidante ) e alla capacità della carne in demolizione nell'intestino di produrre sostanze che modificano la composizione delle colonie di batteri intestinali.
Nell'insieme questi effetti sembrano avere un ruolo essenziale nella genesi del cancro del colon.

Diversi studi hanno mostrato come i processi di lavorazione e conservazioni aumentano la capacità delle carni di danneggiare la salute umana.
Una metanalisi di grandi dimensioni, pubblicata nel 2010 dall'Harvard School for Public Health, ha rilevato un aumento di rischio di infarto miocardico e di diabete mellito in coloro che consumano carne rossa lavorata, come bacon e salsicce, ma non in chi consumava carne rossa fresca ( mentre per quel che riguarda il cancro, il rischio esiste anche per i forti consumatori di carne fresca ).

I meccanismi molecolari non sono ancora del tutto chiari ma è probabile che la differente quantità di sale e conservanti contribuisca a modulare il rischio tra carne rossa lavorata e non-lavorata.

Anche lo studio EPIC ha fornito prove in questa direzione: il rischio di morire prematuramente di cancro o malattie cardiovascolari aumenta all'aumentare della quantità di carne lavorata consumata.
Secondo EPIC, le morti premature potrebbero essere ridotte del 3% ogni anno se le persone consumassero non più di 20 grammi di carne lavorata al giorno.
È bene chiarire che gli studi epidemiologici non fanno distinzioni sulla base della qualità del prodotto ( carne di alta qualità o bassa, salumi artigianali o industriali ).
Per quel che riguarda le carni rosse non-lavorate una tale distinzione non avrebbe nemmeno senso, perché i composti chimici che risultano mutageni ( il ferro eme e alcune proteine frutto della decomposizione nell'intestino ) non dipendono dalla qualità della carne. ( Xagena_2015 )

Fonte: AIRC, 2015

Xagena_Medicina_2015