I pazienti con insufficienza cardiaca e frazione d’eiezione preservata hanno una prognosi non favorevole


Uno studio è stato disegnato per identificare le caratteristiche e la prognosi nel lungo periodo dell’insufficienza cardiaca con frazione d’eiezione preservata nei pazienti ospedalizzati per un primo episodio di scompenso cardiaco.

Sono stati arruolati 799 pazienti consecutivi, ospedalizzati per un primo episodio di insufficienza cardiaca.
La frazione d’eiezione è risultata disponibile nell’83% ( n=662 ) dei pazienti; questo ha rappresentato la popolazione di studio.

I pazienti con scompenso cardiaco e con frazione d’eiezione preservata ( 55,6% dei casi ) erano significativamente più anziani, e con un’alta proporzione di donne.

Nel corso dei 5 anni di follow-up il 56% dei pazienti è morto.

I pazienti con insufficienza cardiaca e frazione d’eiezione preservata hanno presentato una minore sopravvivenza a 5 anni, rispetto alla popolazione generale, comparata per età e sesso ( 43% versus 72% ).

L’incidenza di sopravvivenza a 5 anni non era significativamente differente nei pazienti con frazione d’eiezione preservata e ridotta ( 43% versus 46%; p=0.095 ).

Dall’analisi multivariata, è emerso che l’età, l’ictus, la broncopneumopatia cronica ostruttiva, il tumore, il diabete, la bassa velocità di filtrazione glomerulare e l’iponatriemia erano predittori indipendenti di mortalità a 5 anni nei pazienti con insufficienza cardiaca e frazione d’eiezione preservata.

Lo studio ha mostrato che lo scompenso cardiaco con frazione d’eiezione preservata ha una prognosi non favorevole, comparabile a quella dello scompenso cardiaco con frazione d’eiezione ridotta, con una percentuale di sopravvivenza a 5 anni dopo un primo episodio del 43%, ed un elevato eccesso di mortalità, rispetto alla popolazione generale. ( Xagena_2008 )

Tribouilloy C et al, Eur Heart J 2008; 29: 339-347



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