Insufficienza cardiaca: mortalità e riospedalizzazione


Mortalità

Nell’ultimo decennio è stato condotto un numero rilevante di studi osservazionali nei pazienti con insufficienza cardiaca acuta.
Nello studio condotto in Italia nel 2005, la mortalità totale intraospedaliera era del 7.3%, più precisamente pari al 7.5% nei pazienti de novo e al 7.1% in quelli con storia clinica pregressa di scompenso.
La mortalità di gran lunga più elevata veniva riscontrata nei soggetti con shock cardiogeno ( oltre il 25% ).

Lo studio cardiologico italiano più recente, condotto dal 2007 al 2009, ha consentito anche di descrivere i profili di mortalità a lungo termine e di confrontarli con quelli dei pazienti con scompenso cronico.
Nello studio erano stati inclusi 5610 pazienti, 3755 con scompenso cardiaco cronico e 1855 ospedalizzati per insufficienza cardiaca acuta.
Mentre la mortalità totale durante la fase di ricovero era simile nei pazienti de novo e in quelli con scompenso già documentato ( 6.9 vs 6.0%, p=0.41 ), la mortalità totale a 1 anno era del 24%, meno elevata nei pazienti de novo rispetto a quelli con aggravamento dello scompenso ( rispettivamente del 19.2% e 27.7%, p inferiore a 0.0001 ).
Il 73.1% dei decessi era dovuto a una causa cardiovascolare.
Più favorevole era la situazione nei pazienti con scompenso cardiaco cronico, nei quali la mortalità totale a 1 anno era del 5.9%, più elevata nei pazienti in classe funzionale NYHA III-IV rispetto a quelli in classe II ( 14.5 vs 4.1%, p inferiore a 0.0001 ).
Il 65.3% dei decessi era attribuibile a cause cardiovascolari, soprattutto al peggioramento dello scompenso e in misura minore a morte improvvisa.

A partire dagli anni ’90 si è osservata una progressiva riduzione dei decessi per scompenso cardiaco ambulatoriale stabilizzato, della frequenza di progressione della malattia e degli eventi critici, in gran parte riconducibile al miglioramento delle cure.
Questo dato è apparso coerentemente in diversi studi osservazionali condotti negli ultimi anni e la riduzione ha mostrato una relazione inversa con l’aumento della prescrizione di farmaci salvavita, soprattutto beta-bloccanti, ma anche inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina ( ACE inibitori ) e antagonisti dell’aldosterone.

Un recente studio italiano, condotto in reparti di medicina interna su una popolazione anziana con età avanzata ( media 80 anni ) e comorbilità multiple, ha mostrato una mortalità intraospedaliera del 6.3%.
Possono avere influenza sul rischio di mortalità sia la durata dell’ospedalizzazione, sia il numero dei ricoveri, sia la persistenza di congestione polmonare e/o periferica, sia un peggioramento della funzione cardiaca o renale dopo il ricovero.

Riospedalizzazioni

Sempre secondo i dati italiani più recenti, i tassi di riospedalizzazione a 1 anno sono superiori nella forma acuta di scompenso rispetto a quella cronica ( 30.7 vs 22.7% ).

Nei casi di insufficienza cardiaca acuta le cause cardiovascolari sono responsabili di nuovo ricovero nel 23.8% dei casi, quelle non-cardiovascolari nell’8.3%.
La percentuale di riospedalizzazioni nei pazienti de novo risulta inferiore a quella osservata nei soggetti con scompenso cardiaco pregresso noto ( 8.2 vs 21.4% ).
Nei pazienti ambulatoriali con scompenso cardiaco cronico, il tasso di riospedalizzazioni è del 22.7%, ma solo l’8.8% è dovuto a un nuovo episodio di scompenso cardiaco.

L’ospedalizzazione per scompenso comporta un rischio generalizzato di un nuovo ricovero, anche a breve termine.
Infatti, è stato riportato a 1 mese da un episodio di scompenso, infarto del miocardio o polmonite un tasso di riospedalizzazioni del 25%, 19% e 18%, rispettivamente.
In particolare, la quota di pazienti riospedalizzati per la stessa condizione ( scompenso dopo scompenso ) risulta del 35%.

Secondo uno studio recente, le riospedalizzazioni precoci non sono necessariamente indicative di una maggiore gravità dello scompenso, potendo entrare in gioco anche fattori indipendenti dalla gravità dello scompenso, come fattori sociali, la compliance alla terapia, la durata del ricovero iniziale. ( Xagena_2014 )

Fonte: Giornale Italiana di Cardiologia, 2014

Xagena_Medicina_2014