Osteomalacia indotta da tumore: Burosumab, un anticorpo anti-FGF-23
I dati ad interim della fase di estensione in aperto di uno studio di fase 2, hanno mostrato che l'impiego di Burosumab ( Crysvita ) nei pazienti adulti affetti da osteomalacia indotta da tumore ( TIO ) si accompagna a miglioramenti sostenuti del metabolismo del fosfato e dell’osteomalacia.
La osteomalacia indotta dal tumore è una malattia molto rara causata da tumori secernenti FGF-23. L’eccesso dei livelli di FGF-23 nella osteomalacia indotta da tumore provoca alterazioni del riassorbimento del fosfato renale, riduzione della sintesi di vitamina D attiva e ipofosfatemia cronica.
Le manifestazioni cliniche sono le seguenti: osteomalacia, fratture, dolore muscolo-scheletrico, fatigue, grave miopatia e una riduzione della qualità di vita di questi pazienti.
Quando la chirurgia tumorale non è possibile, si ricorre a supplementazioni di analoghi della Vitamina-D, anche se il loro effetto può risultare limitato e accompagnato a complicanze ( ipercalcemia, nefrocalcinosi e iperparatiroidismo terziario ).
Burosumab è un anticorpo totalmente umanizzato diretto contro FGF23. Bloccando l’eccesso di FGF23, Burosumab normalizza il metabolismo del fosfato, migliora la salute ossea e la sintomatologia clinica sia nei bambini che negli adulti affetti da ipofosfatemia legata al cromosoma X ( XLH ).
Nella fase di estensione di uno studio di fase 2, è stata analizzata l’efficacia e la sicurezza di Burosumab nei pazienti adulti con osteomalacia indotta da tumore.
In origine, lo studio di fase 2, aveva reclutato pazienti adulti con osteomalacia indotta da tumore non-eleggibili per la chirurgia o affetti da sindrome ipofosfatemica scheletrica cutanea ( CSHS ).
I pazienti sono stati sottoposti a trattamento con Burosumab per via sottocutanea a cadenza mensile fino a 144 settimane.
La posologia di somministrazione iniziale è stata pari a 0.3 mg/kg di farmaco, per arrivare a valori più elevati a 16 settimane (e d oltre se necessario ), fino a un massimo di 2 mg/kg a cadenza mensile per raggiungere un picco di fosforemia a digiuno compreso tra 0.81 e 1.29 mmol/l.
Sia all’inizio dello studio che a 48 settimane, sono state eseguite biopsie ossee a livello della spina iliaca.
Gli endpoint co-primari dello studio consistevano nella variazione dei livelli sierici di fosforo e dell’osteomalacia valutata mediante biopsie ossee transiliache a 48 settimane.
I dati ad interim riguardano 14 pazienti affetti da osteomalacia indotta da tumore, escludendo due pazienti con ipofosfatemia legata al cromosoma X e un paziente con ipofosfatemica scheletrica cutanea.
I livelli di fosforo sierico sono aumentati rispetto al basale ( 0.52 mmol/l ) dopo 22 settimane ( 0.91 mmol/l ) e 144 settimane ( 0.82 mmol/l; p inferiore a 0.0001 ).
Anche la maggior parte delle misure di osteomalacia sono migliorate a 48 settimane.
I miglioramenti si sono tradotti in una riduzione di: volume osteoide o quello osseo; spessore osteoide; tempo di ritardo della mineralizzazione.
Non sono state rilevate, invece, variazioni relative alla superficie osteoide o di sostanza ossea.
Su 249 fratture individuate inizialmente nei 14 pazienti dello studio, il 33% sono guarite completamente, mentre nel 13% si è avuta guarigione parziale a 144 settimane.
I pazienti hanno riportato una riduzione del dolore e della fatigue percepite e sperimentato un miglioramento della salute fisica.
Due pazienti hanno interrotto lo studio: 1 per trattare un evento avverso di progressione neoplastica e 1 per problemi legati a errato dosaggio di Burosumab. Si sono avuti 16 grave eventi avversi in 7 pazienti, ed è stato documentato 1 decesso.
Tutte le gravi reazioni avverse osservate non sono state ritenute correlate al trattamento.
Nove pazienti hanno manifestato 16 eventi avversi legati al trattamento, ma tutti di entità lieve-moderata. ( Xagena_2021 )
Fonte: JBMR, 2021
Xagena_Medicina_2021