Linfoma non-Hodgkin: caratteri generali, fattori di rischio


Caratteri generali

I linfomi non-Hodgkin rappresentano un gruppo più eterogeneo di tumori, con maggiore incidenza tra le persone di età compresa tra i 40 ed i 70 anni.
L’incidenza dei linfomi non-Hodgkin è in deciso aumento a causa della diffusione dell’AIDS, che ne è un’importante causa.

Per i linfomi non-Hodgkin, le cause sono da ricercare, oltre che nel fumo da sigaretta, nell’ immunodeficienza ( infezione da HIV ), nelle malattie autoimmuni ( celiachia, tiroidite di Hashimoto ).
Possono causare linfoma non-Hodgkin anche alcuni agenti infettivi ( infezioni da herpesvirus ), ed alcune sostanze chimiche ( pesticidi, solventi ), o una prolungata esposizione solare ( raggi ultravioletti ).

Nel caso dei linfomi non-Hodgkin, la malattia insorge con ingrossamenti delle ghiandole linfatiche a livello di collo, ascelle ed inguine, ma in un terzo dei casi possono essere coinvolte le vie digerenti superiori, l’intestino, il midollo osseo o la cute.
Febbre e sudorazioni notturne insorgono con minor frequenza rispetto ai linfomi di Hodgkin e sono indice di una fase avanzata della malattia.


Fattori di rischio

L’infezione da HCV è associata ad un aumento del rischio di linfoma non-Hodgkin

L’infezione da virus dell’epatite C ( HCV ) è risultata associata al linfoma non-Hodgkin, ma i dati a tal proposito non concordano totalmente.

Tra il 1999 ed il 2002 è stato condotto uno studio per verificare l’esistenza di un’associazione tra infezione da virus dell’epatite C, da virus dell’epatite B e linfoma non-Hodgkin in due aree dell’Italia, dove l’infezione da HCV è relativamente frequente.

Sono stati studiati 225 pazienti ( età media 59 anni ), consecutivi, ricoverati in ospedale per linfoma non-Hodgkin.

L’incidenza di infezione da HCV era del 19,6% tra i pazienti con linfoma non-Hodgkin e dell’8,9% tra i controlli ( OR = 2,6 ).

La positività per HBsAg è stata trovata nel 3,8% dei pazienti con linfoma e nello 0,9% dei controlli ( OR = 4,1 ).

L’odds ratio ( OR ) nei soggetti con storia di epatite C è risultato del 4,7%.

Una storia di trasfusioni di sangue prima del 1990 era associata a positività per HCV tra i controlli, ma non al rischio di linfoma non-Hodgkin.

Da questo studio è emerso che l’infezione da HCV è associata ad un aumento del rischio di linfoma non-Hodgkin.

Il 12,4% dei linfomi era attribuibile ad infezione da HCV.

Talamini R et al, Int J Cancer 2004; 110: 380-385

Carcinoma mammario dopo chemioterapia per linfoma non-Hodgkin

Dopo un trattamento chemioterapico per il linfoma non-Hodgkin aggressivo può insorgere un tumore alla mammella.

Ricercatori dell’Athens University School of Medicine ( Grecia ) hanno esaminato l’outcome ( prognosi ) delle pazienti che hanno sviluppato carcinoma mammario.

Lo studio ha riguardato 22 pazienti di età media 62 anni ( 49 – 70 ) che avevano avuto una risposta completa dopo 6 cicli di trattamento con CHOP per linfoma non-Hodgkin di grado intermedio/alto.

Il carcinoma mammario si è sviluppato in media dopo 26 mesi ( 9 – 49 ) dalla diagnosi di linfoma non–Hodgkin.

In 12 pazienti il tumore alla mammella era di grado 1-2, in 10 di grado 3 ; 15 pazienti erano negativi per i recettori estrogeno / progesterone, mentre 7 erano lievemente positivi.

Un totale di 12 pazienti, che erano in stadio IIIA/B, e 10 in stadio IV, sono stati sottoposti a chemioterapia convenzionale.

La neoplasia è progredita in tutti i pazienti.

Metastasi sono state localizzate al fegato, polmoni, cervello, linfonodi, nelle ossa.

La sopravvivenza media è stata di 11,8 mesi.

Lo sviluppo di tumore alla mammella è stato più rapido nelle pazienti che presentavano espressione delle proteine associate alla resistenza farmacologia ( MDR, MRP, LRP ) nel tessuto tumorale.

Secondo gli Autori, l’iperespressione delle proteine della resistenza indica che questo meccanismo potrebbe essere in parte alla base del fenotipo aggressivo della malattia neoplastica, e spiegare la prognosi non favorevole.

Tsavaris N et al, Oncol Rep 2004; 11: 899 – 903

I pazienti con sindrome crioglobulinemica presentano un rischio 35 volte maggiore di sviluppare un linfoma non-Hodgkin

Alcuni pazienti con sindrome crioglobulinemica sviluppano un linfoma non-Hodgkin, ma l’incidenza ed il tempo in cui si manifesta questo evento non sono ancora ben definiti.

E’ stato condotto uno studio retrospettivo su pazienti positivi al virus dell’epatite C ( HCV ), con sindrome crioglobulinemica osservata in 11 Centri appartenenti all’Italian Group for the Study of Cryoglobulinemia.

Un totale di 1.255 pazienti hanno risposto ai criteri di inclusione.
Durante un periodo di follow-up ( osservazione ) cumulativo di 8.928 pazienti-anno, sono stati diagnosticati 59 casi di linfoma non-Hodgkin, per una percentuale stimata di 660.8 nuovi casi per 100.000 pazienti-anno, con 224.1 nuovi casi di sottotipi aggressivi di linfoma non-Hodgkin per 100.000 pazienti-anno.

Più del 90% dei pazienti che ha sviluppato un linfoma non-Hodgkin aveva crioglobuline di tipo II.

I linfomi non-Hodgkin sono stati classificati come non-aggessivi in 31 casi ( 53% ), aggressivi in 20 casi ( 34% ) e linfomi del tessuto linfoide associato alla mucosa in 6 casi ( 10% ); 2 casi non sono stati classificati.

Il tempo medio dalla diagnosi della sindrome crioglobulinemica all’insorgenza clinica del linfoma non-Hodgkin è stata di 6.26 anni ( intervallo compreso tra 0.81 e 24 anni ).

Il decorso clinico e la risposta alla chemioterapia nei pazienti con sindrome crioglobulinemica che hanno sviluppato un linfoma non-Hodgkin sono stati simili a quelli di norma descritti nei pazienti con linfoma non-Hodgkin senza sindrome crioglobulinemica.

Il decorso della sola sindrome crioglobulinemica ha tratto beneficio dalla chemioterapia in modo marginale.

Il rischio generale di linfoma non-Hodgkin nei pazienti affetti da sindrome crioglobulinemica è di circa 35 volte superiore a quello della popolazione generale ( 12 volte maggiore se si escludono i linfomi non-aggressivi ).

La presenza della sindrome crioglobulinemica non influenza in modo significativo il trattamento dei linfomi di nuova diagnosi.

Monti G et al, Arch Intern Med 2005; 165: 101-105

Aumentato rischio di linfoma non-Hodgkin nelle donne che hanno fatto uso prima del 1980 dei prodotti per la colorazione dei capelli

Uno studio è stato effettuato nel Connecticut tra il 1996 e il 2002 allo scopo di verificare l’ipotesi che l’uso di prodotti per la colorazione dei capelli durante la vita aumentasse il rischio di insorgenza di linfoma non-Hodgkin.

Nel corso del periodo di osservazione sono stati osservati 601 casi di linfoma non-Hodgkin.

E’ stato riscontrato un aumento del rischio di insorgenza di linfoma non-Hodgkin tra le donne che avevano fatto uso di prodotti per la colorazione dei capelli , prima del 1980 ( odds ratio, OR= 1.3 ).
L’OR è stato 2.1 per quelle donne che hanno usato tinture permanenti per capelli più scure, per un periodo superiore ai 25 anni , e 1.7 per quelle donne che hanno fatto più di 200 trattamenti.

Non è stato invece riscontrato un aumento del rischio di linfoma non-Hodgkin tra le donne che hanno iniziato a fare uso di coloranti per capelli dopo il 1980.

Non è chiaro il motivo per cui l’aumento del rischio di insorgenza del linfoma non-Hdgkin sia stato riscontrato solo tra le donne che hanno iniziato ad usare tinture per capelli prima del 1980.

Studi futuri sono volti a mostrare se tale correlazione abbia un riscontro nel cambiamento dei contenuti delle tinture durante gli ultimi 20 anni , o se le donne che ne hanno fatto uso di recente, siano ancora nel loro periodo di induzione e di latenza.

Zhang Y et al, Am J Epidemiol 2004; 159:148-154

Aumentato rischio di tumore della pelle e di linfoma non-Hodgkin tra coloro che assumono glucocorticoidi

I pazienti trattati con i glucocorticoidi possono presentare un aumento del rischio di tumore della pelle.

I Ricercatori hanno consultato il North Jutland Prescription Database ed il Danish Cancer Registry, ed hanno confrontato i casi attesi e quelli osservati di cancro alla pelle e di linfoma non-Hodgkin tra 59.043 soggetti che hanno assunto glucocorticoidi ( farmaci che inducono immunosoppressione ), durante un periodo di 8 anni ( gennaio 1989 - dicembre 1996 ).

Il rischio di carcinoma a cellule squamose e di carcinoma a cellule basali della pelle è risultato aumentato, soprattutto tra le persone che hanno ricevuto 15 o più prescrizioni di glucocorticoidi.

Il rapporto standardizzato d’incidenza ( SIR ), cioè il rapporto tra casi osservati e casi attesi, è stato di 2,45 per i carcinomi a cellule squamose e di 1,52 per i carcinomi a cellule basali.

Un aumento del rischio è stato anche osservato per il linfoma non-Hodgkin tra i soggetti con 10-14 prescrizioni di glucocorticoidi ( SIR = 2,68 ).

Secondo gli Autori questi dati indicano che l’assunzione di glucocorticoidi può rappresentare un fattore di rischio per certi tumori della pelle e per i linfomi.

Sorensen HF et al, J Natl Cancer Inst 2004; 96: 709 – 711