Tumori cerebrali in età pediatrica


Gliomi di basso grado

I gliomi di basso grado sono tumori biologicamente benigni, che in seguito a chirurgia radicale non necessitano di chemioterapia adiuvante.
Tuttavia, se si presentano con coinvolgimento delle vie ottiche, o causano un peggioramento della sintomatologia neurologica, è indicato il trattamento con chemioterapia a basse dosi, talvolta associata a radioterapia nel caso di pazienti di età superiore a 8 anni. La risposta alla chemioterapia di questo gruppo di tumori, anche a causa della loro scarsa aggressività biologica, è piuttosto limitata.

Uno degli approcci innovativi più promettenti per il trattamento dei pazienti con glioma di basso grado è l'utilizzo di farmaci antiangiogenetici, in grado di limitare la proliferazione dei nuovi vasi sanguigni che alimentano lo sviluppo e la crescita dei tumori.
Il più utilizzato di questi farmaci, il Bevacizumab, è un inibitore di VEGF ( vascular-endothelial growth factor ) che si è dimostrato efficace nell'indurre risposte cliniche e radiologiche in pazienti con gliomi di basso grado che in precedenza non avevano risposto ad altri trattamenti.

Bevacizumab è utilizzato, in associazione con il chemioterapico Irinotecan, nei pazienti con gliomi delle vie ottiche o con gliomi di basso grado che non rispondono alla terapia convenzionale. I risultati ottenuti nella casistica di pazienti trattati a Torino sono molto incoraggianti e confermano i dati della letteratura.

Nell'ultimo decennio, inoltre, nell’ambito dei gliomi di basso grado è stato possibile identificare alcuni marcatori genetici, e correlare la loro presenza alla risposta alla chemioterapia o alla prognosi ( come nel caso del gene MGMT ).
Nei pazienti adulti sono molto studiate le mutazioni a carico dei geni IDH 1 e 2, e la codelezione 1p/19q degli oligodendrogliomi, ma la presenza di tali alterazioni in ambito pediatrico appare poco frequente e clinicamente poco rilevante.

L'attenzione di ricercatori e clinici è invece attualmente focalizzata sulle alterazioni del gene BRAF, coinvolto nella patogenesi dei gliomi di basso grado e, soprattutto, potenziale bersaglio molecolare per terapie innovative. Farmaci che agiscono sulla via metabolica di BRAF sono attualmente in studio per i melanomi e i tumori polmonari dell'adulto, e saranno presto disponibili per l'utilizzo clinico nei gliomi pediatrici.

Gliomi di alto grado

I gliomi anaplastici e i glioblastomi, sebbene rari in età pediatrica, costituiscono uno dei gruppi di neoplasie a peggior prognosi.

Il grado di resezione chirurgica è ad oggi il maggior determinante sulla possibilità di trattamento; successivamente alla chirurgia, tutti i pazienti sono sottoposti a radioterapia locale e a trattamento chemioterapico a basse dosi ( solitamente con Temozolomide, anche se in passato sono stati utilizzati altri farmaci quali Etoposide, Vincristina, Vinblastina ).

Alcuni farmaci di nuova generazione sono attualmente inclusi in studi clinici randomizzati e controllati, nella speranza di riuscire a migliorare la prognosi di questogruppo di pazienti.

Nel Centro di Torino è attivo lo studio HERBY (BO2504), per il trattamento dei gliomi di alto grado sovratentoriali in cui l'efficacia della terapia convenzionale viene comparata con un trattamento sperimentale basato sull'utilizzo di Bevacizumab.

Tumori intrinseci pontini

I tumori intrinseci diffusi del ponte ( diffuse pontine intrinsic glioma, DIPG ) sono in genere neoplasie maligne di alto grado, diagnosticate quasi esclusivamente in età pediatrica.
Insorgono nel ponte e nel tronco cerebrale, strutture che si trovano alla base dell’encefalo e che sono responsabili del controllo di funzioni vitali come ritmo cardiaco e respirazione.
Nel tronco cerebrale si trovano inoltre i nuclei dei nervi cranici, che governano alcune delle funzioni sensoriali, il controllo dei muscoli del volto e la deglutizione.

I tumori intrinseci diffusi del ponte sono ad oggi malattie incurabili: il 90% dei pazienti muore entro 2 anni dalla diagnosi.

I tumori intrinseci diffusi del ponte non hanno indicazione neurochirurgica a scopo curativo, poiché l’asportazione completa della neoplasia è impossibile, a causa della sua localizzazione e della sua natura infiltrativa all’interno del ponte.

Fino ad oggi, il trattamento dei tumori intrinseci diffusi del ponte si è basato sulla radioterapia locale, associata a un mantenimento con chemioterapia a basse dosi, che determinano un allungamento della sopravvivenza solo di alcuni mesi.

L’utilizzo della chemioterapia intensiva non si è dimostrato efficace nel migliorare la prognosi.

Negli ultimi anni gli sforzi si sono concentrati nel cercare di garantire ai pazienti con tumori intrinseci diffusi del ponte una qualità di vita accettabile, in particolar modo nei pazienti in terapia palliativa e di supporto.

Studi di oncogenomica stanno aiutando a chiarire alcuni dei meccanismi coinvolti nello sviluppo di questa patologia.
Le alterazioni genetiche rilevate più frequentemente includono una mutazione di K27M in H3.3 o H3.1 ( riscontrata fino al 78% dei tumori intrinseci diffusi del ponte ).
Mutazioni a carico di p53 si trovano invece nel 77% dei tumori.
Altri studi hanno evidenziato amplificazioni di componenti molecolari della via di segnalazione intracellulare receptor tyrosine kinase/Ras/phosphatidylinositol 3-kinase, ed in particolare del PDGFR-A ( platelet-derived growth factor receptor A ).
Sono stati sviluppati modelli preclinici per lo studio di tali alterazioni, nella speranza di poter traslare i risultati in trattamenti farmacologici efficaci nei pazienti con tumori intrinseci diffusi del ponte.

La terapia standard per i pazienti con tumori intrinseci diffusi del ponte consiste in radioterapia associata a Temozolomide per os.

Il Centro di Torino ha aderito a un protocollo di fase II che prevede, in associazione alla radioterapia, l’utilizzo congiunto di farmaci di recente sviluppo ( Erlotinib, Everolimus e Dasatinib ) al fine di compararne l’efficacia relativa tra loro e rispetto all’approccio tradizionale. La scelta del braccio di trattamento non è casuale, bensì guidata dalla genetica delle cellule tumorali del singolo paziente.

Tumore teratoide / rabdoide atipico

Il tumore teratoide / rabdoide atipico ( AT/RT ), il cui riarrangiamento a carico del cromomosoma 22 ( SNH/INI ) è patognomonico, è un tumore che insorge in sede cerebellare nei bambini sotto i 3 anni di età e più tipicamente in sede sovratentoriale negli adolescenti.

In passato era spesso confuso con il medulloblastoma o con forme di tumori neuroectodermici primitivi ( PNET ) sovratentoriali, a causa del suo eteromorfismo istologico.
Oggi, grazie alla caratterizzazione genetica, ne è stata riconosciuta la peculiarità e questo tumore è trattato in modo differenziato da PNET e medulloblastomi.

Medulloblastoma

Il medulloblastoma, tumore di origine embrionale a localizzazione cerebellare, è il tumore cerebrale maligno più diffuso in età pediatrica.
L'affinamento progressivo dell'approccio terapeutico combinato ( neurochirurgia, radioterapia, chemioterapia ) ha permesso di migliorare la prognosi dei pazienti affetti da questo tumore, che è curabile in circa il 70-75% dei casi.

E' il tumore del sistema nervoso centrale ( SNC ) pediatrico sul quale i progressi in ambito biologico e genetico sono stati più rilevanti.
Sono state identificate alterazioni a carico dei geni WNT e beta-catenina, SHH, amplificazioni di MYC, alterazioni citogenetiche peculiari.

Finora la stratificazione terapeutica era effettuata sulla base del grado di radicalità chirurgica, della presenza di metastasi e del sottotipo istologico.
Nei nuovi protocolli, i pazienti riceveranno terapia differenziata anche a seconda dell'assetto genetico del tumore ( in particolare in base alla presenza di mutazioni di WNT ).

È stato possibile identificare, grazie ai profili di espressione genica, 4 gruppi geneticamente distinti di medulloblastoma ( WNT, SHH, gruppo 3 e gruppo 4 ).
Comprendere la differente origine genetica dei diversi tipi di medulloblastoma può spiegare perché malattie apparentemente uguali abbiano comportamenti clinici e risposte alla terapia a volte molto differenti tra loro.
Inoltre, ciò permette di adattare l'intensità del trattamento alla prognosi del gruppo genetico di riferimento ed apre la strada allo sviluppo di farmaci innovativi.
Presso il Centro di Torino è aperto il protocollo CLIMB LDE225, per il trattamento dei pazienti con medulloblastoma in recidiva. L'obiettivo dello studio è di valutare l'efficacia di un nuovo farmaco ( un inibitore della via metabolica del sonic-hedgehog, SHH, alterata nel 30% circa dei medulloblastomi ) rispetto ad un trattamento più tradizionale con Temozolomide. ( Xagena_2013 )

Vallero SG et al, Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino - Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d'Aosta, 2013

Xagena_Medicina_2013