Vaccinazione anti-papillomavirus: prevenzione dei tumori HPV-correlati


Il tumore del collo dell’utero, anche noto come carcinoma della cervice uterina, è il terzo tumore più frequente nella donna.
Inoltre, è l’unico che può essere prevenuto grazie allo screening ( Pap-test e test HPV ), ed è la prima neoplasia non-ematologica a essere stata direttamente correlata a un’infezione virale: l’infezione da papillomavirus umano ( HPV ), in particolare da 13 sottotipi ad alto rischio.

La vaccinazione, assieme a corretti stili di vita, rappresenta la vera prevenzione primaria del carcinoma alla cervice e di tutte le altre neoplasie correlate al virus HPV a carico di vagina, vulva, ano e oro-faringe, nonché delle lesioni condilomatose a carico dell’apparato anogenitale.

I vaccini anti-HPV attualmente disponibili, che coprono fino a nove sottotipi del virus ( 16, 18, 6, 11, 31, 33, 45, 52 e 58 ) rappresentano una efficace prevenzione della infezione persistente da HPV, delle lesioni pre-cancerose da questa causate e dei tumori ad essa correlate.

I vaccini anti-HPV sono raccomandati a tutti gli adolescenti prima dell’esposizione sessuale.

In Italia, la vaccinazione anti-HPV è offerta attivamente e gratuitamente a tutte le dodicenni ( 11 anni compiuti ) dal 2007-08.
Il Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2017-19 ha inserito la vaccinazione anti-HPV nel calendario vaccinale per tutti gli adolescenti di sesso femminile e maschile, da effettuarsi nel corso del 12° anno di età.

I dati di efficacia dei vaccini anti-HPV sono il risultato di oltre 10 anni di studi clinici e ricerca che hanno preceduto la loro immissione in commercio.
Il profilo di sicurezza è stato valutato attraverso studi di fase III che hanno coinvolto un numero elevato di soggetti di ambo i sessi.

I vaccini hanno dimostrato una efficacia clinica di quasi il 100% nel ridurre le lesioni precancerose del collo dell’utero ( CIN3 ) causate da HPV 16 e 18, responsabili di circa il 70% dei casi di carcinoma invasivo della cervice.
È stata altresì dimostrata l’efficacia dei vaccini nel ridurre l’incidenza di lesioni precancerose a carico di altri organi, quali vulva, ano e vagina.

Anche i primi studi di vita reale ( real life ) hanno evidenziato l’efficacia diretta dei programmi di vaccinazione sulla popolazione, rilevando un significativo calo dell’incidenza delle patologie HPV-correlate, proporzionale al tasso di copertura vaccinale della popolazione studiata.

Il raggiungimento e il mantenimento nel tempo di una adeguata copertura vaccinale sono fondamentali per l’efficacia di un programma di vaccinazione attivo e per la sua sostenibilità economica.
La percentuale di copertura auspicata dal Ministero nel 2007 ( 95% delle coorti attivamente chiamate ) è ben lungi dall’essere stata raggiunta.
Il tasso di copertura nazionale delle dodicenni, assestatosi negli ultimi anni intorno al 70%, è calato a meno del 60%.

Le ragioni della difficoltà a comunicare in modo appropriato i benefici della prevenzione vaccinale alla popolazione sono molteplici: disinformazione e pregiudizi sui vaccini in generale e ragioni più propriamente correlate alle malattie HPV-correlate.

Il papillomavirus è ubiquitario, vale a dire che ognuno di noi vi entra in contatto ed è oggetto di una infezione temporanea nel corso della propria vita.
Il virus interessa esclusivamente cute e mucose e non causa viremia e conseguente produzione anticorpale. Ciò significa che le difese immunitarie locali dell’ospite ( se in buona salute e in assenza di altri cofattori capaci di ridurne l’efficacia ) sono in grado di circoscrivere l’infezione e indurre in breve tempo ( mediamente 8-14 mesi ) l’eliminazione spontanea del virus.
In alcuni casi, tuttavia, l’organismo non riesce a eliminare il virus, specie i sottotipi ad alto rischio e a potenziale oncogeno, che riesce a persistere e ad integrarsi nel genoma dell’ospite rendendo immortale la cellula squamosa colpita e innescando il meccanismo della trasformazione tumorale.

Fonte: Società Italiana di Ginecologia, 2017

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