Tucatinib è efficace nel trattamento di pazienti con tumore al seno metastatico che iperesprimono la proteina HER2


L’Agenzia Italiana del Farmaco ( AIFA ) ha approvato una nuova terapia mirata per il trattamento del tumore alla mammella, Turkysa il cui principio attivo è Tucatinib.
Tucatinib, impiegato in combinazione con l’anticorpo monoclonale Trastuzumab e il chemioterapico Capecitabina), si è rivelato efficace nelle pazienti con tumore mammario metastatico che iperesprimono la proteina HER2 ( HER2+ ).

E' stato dimostrato che in queste pazienti la somministrazione di Tucatinib riduce il rischio di morte del 34%, migliora la sopravvivenza globale ( OS ) e, a 2 anni, il 51% dei pazienti è vivo rispetto al 40% di quelli trattati solamente con Trastuzumab e Capecitabina.

A 2 anni la sopravvivenza globale mediana è stata di 24,7 mesi con il regime a base di Tucatinib rispetto a 19,2 mesi del gruppo di controllo.
Inoltre il 29% di pazienti trattati con Tucatinib risulta libero da progressione di malattia rispetto al 14% del gruppo di controllo, benefici che si aggiungono a quelli già ottenuti con le prime due linee di trattamento.

In Italia oltre 40mila donne vivono con una diagnosi di cancro alla mammella metastatico. Nella maggior parte dei casi il tumore mammario metastatico non è suscettibile di guarigione, ma è una malattia che può essere tenuta sotto controllo per lunghi periodi.
In particolare, le terapie mirate hanno cambiato la storia del cancro della mammella metastatico, determinando in molti casi una lunga aspettativa di vita, molto più elevata rispetto al passato.

Resta un bisogno clinico di nuove terapie ancora più efficaci per le pazienti con tumore della mammella metastatico HER2-positivo, già trattate con le opzioni terapeutiche standard.

Tucatinib è caratterizzato da un meccanismo d’azione diverso rispetto alle altre terapie disponibili e mostra un notevole vantaggio non solo nel controllo di malattia ma anche nella sopravvivenza.
Inoltre, mostra un’attività significativa e clinicamente rilevante nelle pazienti con metastasi cerebrali sia stabili che attive.

Il 15-20% dei casi di tumore della mammella presenta iperespressione della proteina HER2, il recettore 2 per il fattore di crescita epidermico umano.
Di norma, questo tipo di neoplasia tende a ripresentarsi e ad essere più aggressivo.
Inoltre, fino al 50% delle pazienti con tumore HER2-positive sviluppa metastasi cerebrali. Tucatinib, inibitore tirosinchinasico di nuova generazione, è in grado di bloccare la replicazione delle cellule tumorali in modo efficace.
Tucatinib riduce il rischio di morte del 34% in tutta la popolazione studiata e, addirittura, del 52% nelle pazienti con metastasi cerebrali.

Gli effetti indesiderati più comuni di Tucatinib ( che possono riguardare più di 1 persona su 10 ) sono: sanguinamento nasale, diarrea, nausea, vomito, stomatite ( infiammazione della bocca ), eruzione cutanea, artralgia ( dolore articolare ), aumento dei livelli degli enzimi epatici ALT e AST ( segno di potenziali problemi a carico del fegato ) nel sangue e nella bilirubina nonché calo ponderale.
Gli effetti indesiderati gravi più comuni di Tucatinib ( che possono riguardare più di 1 persona su 20 ) sono: diarrea e aumento di ALT e AST. Anche nausea e vomito possono presentarsi in forma grave.

L'approvazione nell'Unione Europea è avvenua grazie ai risultati dello studio HER2CLIMB.
Lo studio, pubblicato su The New England Journal of Medicine, ha valutato l’aggiunta di Tucatinib a Trastuzumab e alla chemioterapia in 612 pazienti con carcinoma alla mammella metastatico HER2-positivo con e senza metastasi cerebrali, precedentemente trattati:

HER2CLIMB è la prima sperimentazione clinica prospettica ad aver arruolato il 48% di pazienti con metastasi cerebrali, tra cui quelle attive, le più difficili da curare.
Tucatinib è sufficientemente piccolo da attraversare la barriera ematoencefalica e raggiungere il cervello, bloccando direttamente lo stimolo di proliferazione della proteina HER2.
A 24 mesi, Tucatinib ha dimostrato una sopravvivenza globale quasi raddoppiata nelle pazienti con metastasi cerebrali ( 48,5% ) rispetto al braccio di confronto ( 25,1% ).

Negli ultimi 20 anni grazie all’individuazione dei diversi sottotipi di tumore mammario e alla comprensione dell’eterogeneità biologica della malattia, si è assistito a una evoluzione delle terapie, sempre più mirate contro specifici bersagli e quindi sempre meno gravate da tossicità invalidanti.
In Italia, l’88% delle pazienti colpite da tumore alla mammella è vivo a 5 anni ed è potenzialmente guarito.
Resta, tuttavia, una percentuale di pazienti, pari al 7%, in cui la malattia si presenta metastatica già alla diagnosi.
Il tumore della mammella, inoltre, può ripresentarsi sotto forma di metastasi anche dopo molti anni dall’intervento chirurgico e dalla fine delle terapie postoperatorie.
Si stima che circa il 20% delle donne con carcinoma inizialmente non-metastatico sviluppi metastasi nei 5 anni successivi alla diagnosi.

Un recente nostro studio sull’applicazione della biopsia liquida in pazienti con malattia tumorale mammaria in fase molto avanzata sottoposti a trattamento anti-HER-2 ha dimostrato lo sviluppo di nuove mutazioni adattative ancor prima dell’evidenza clinica di una progressione della malattia, ciò a suggerire la possibile applicazione di sempre nuove cure di trattamento anti HER-2 anche in pazienti molto pretrattati. ( Xagena_2022 )

Fonte: AIFA, 2022

Xagena_Medicina_2022